IL NERO DI TROIA

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Sontuoso ed austero, questo vitigno a bacca rossa caratterizza da tempo immemore il nord enologico pugliese. E come in tutti i contesti in cui il lungo scorrere del tempo, col relativo disperdersi delle fonti storiche, rende difficile ricostruire un percorso, anche in tal caso si incontrano le stesse difficoltà. La ricerca sull’effettiva origine territoriale di una varietà conduce infatti spesso ad
un binario morto. Purtuttavia le sue origini geografiche sembrano tuffarsi in un lontano passato
che evoca ricordi omerici. Il successivo ponte culturale potrebbe essere stato rappresentato appunto dai Greci i quali avrebbero condotto il vitigno al loro seguito durante quella grande fase storica di colonizzazione che diede origine al vasto orizzonte della Magna Grecia entro cui fu compresa anche la Puglia. Ed è proprio l’importanza che il vino rivestiva per quel grande popolo a rendere plausibile tale percorso apparentemente fantasioso. Può essere quindi probabile che l’antichissima cittadina pugliese di Troia, non lontana da Foggia ed il cui nome attuale peraltro compare nella Storia a partire dall’anno 1019, in curiosa e misteriosa omonimia con la famosa città dell’Asia Minore, possa aver ospitato nel suo seno l’antico vitigno fin dal VI – V secolo a.C. In quel tempo, infatti, essa era una florida e raffinata città collocabile in quell’orizzonte politico e culturale di cui poc’anzi si accennava. Di conseguenza
il riferimento al toponimo che caratterizza il nome del vitigno indica sicuramente una sua presenza millenaria, almeno nella zona dauna. Da sempre, infatti, il Nero di Troia viene coltivato in un ben preciso areale che abbraccia gli odierni territori che vanno dalla provincia di Foggia, a partire dalle
pendici del Gargano, attraversano la Provincia di Barletta – Andria – Trani e giungono fino alla parte settentrionale della Provincia di Bari. Il vitigno è il principe della base ampelografica delle recenti DOCG: Castel del Monte Nero di Troia Riserva e Castel del Monte Rosso Riserva (che traggono l’appellativo dal famoso castello federiciano oggi patrimonio dell’UNESCO), entrambe afferenti i territori di Andria, Trani, Minervino Murge ed altri Comuni del nord barese. Ed è anche primariamente presente nelle più storiche DOC: Tavoliere delle Puglie, San Severo, Cacc’e mmitte di Lucera, Rosso di Cerignola, Castel del Monte, Barletta e, in percentuali via via minori, nelle DOC Orta Nova e Gravina. Esso viene interpretato in modo pressoché unanime nella versione in rosso, sebbene in alcuni disciplinari sia anche possibile la
vinificazione in rosato. Conosciuto anche come Uva di Troia e con altri sinonimi, si è preferito adottare
l’appellativo facente riferimento al colore. Una delle sue caratteristiche peculiari è infatti la sua intensa e molto stabile carica cromatica causata dall’abbondante presenza, tra gli antociani, di malvidina, e dei flavani che contribuiscono ulteriormente a tale stabilizzazione. Il grappolo è medio-grande e conicocilindrico, spesso alato e deriva maggiormente da sistemi di potatura corti.
L’acino è sferoidale, di colore rosso scuro-violetto, pruinoso e a buccia spessa.
Il vitigno risulta avere un buon vigore e una produzione più o meno costante, con maturazione medio-tardiva intorno alla I-II decade di ottobre. Ragion per cui trova ideale habitat in terreni non troppo ricchi, onde trattenere il vigore varietale, e idealmente calcarei allo scopo di esaltarne i particolari profumi. Accanto alle antiche forme di allevamento della vite ad alberello e a Guyot, si sono gradualmente inserite forme di tipo un pò più espanso. Nell’ambito del disciplinare di produzione delle DOCG viene comunque stabilita, per i nuovi impianti e i reimpianti, l’adozione delle prime ed una densità di almeno 4.000 ceppi per ettaro, con rese massime di 10 t per ettaro. In vinificazione, la bacca offre un vino dalle caratteristiche peculiari e dalla longevità potenziale molto significativa: oltre alla citata carica cromatica, di un rubino scuro e profondo con riflessi violacei, si sviluppano profumi molto intensi a connotazione decisamente fruttata: lampone, ciliegia, mora, prugna. Ma sono presenti anche sentori di viola, leggere sensazioni erbacee e note speziate. Una trama tannica ben fitta ed imponente, di classe ed elegante, suggerisce un’adeguata e saggia sosta nel suo naturale habitat di evoluzione: il legno. Ed ecco che quelle note speziate si pennellano di richiami cioccolatosi e tocchi di liquirizia, goudron in qualche caso. Gli spigoli spariscono e rotondità, ricchezza e concentrazione la fanno da padroni ma senza mai esagerare. Il volume alcolico risulta importante ed allo stesso tempo misurato, di appoggio alla rotondità e per nulla invasivo, dal momento che la varietà non è una grandissima accumulatrice di zuccheri. L’acidità, infine, è relativamente contenuta. Il vino, di corpo ed equilibrato, dal finale lungo e sontuoso, vaservito ad una temperatura intorno ai 18°. In abbinamento è perfetto con piatti strutturati di carni rosse, ragoût, formaggi stagionati. Nero di Troia, gioiello enologico da grandi emozioni.

Autore:
Silvano Alicino

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